












Questo progetto nasce all’interno del workshop con Joan Fontcuberta e prende come caso di studio i diorami del Museo Civico di Storia Naturale di Milano. L’intervento parte da una riflessione sul confine tra realtà e finzione: i diorami sono ricostruzioni statiche e artificiali, eppure vengono percepiti come “finestre” su mondi autentici. In questo cortocircuito percettivo si inserisce il mio lavoro, immaginando che quei luoghi possano essere davvero visitabili grazie a un teletrasporto. Attraverso la fotografia e la post produzione, ho trasformato i diorami in destinazioni reali: ambienti che posso raggiungere e attraversare. La mia presenza – sempre raffigurata come un corpo alieno, pixelato, sfocato, in movimento – interrompe la scena museale e la trasforma in un paradosso visivo. Sono un’intrusa, una comparsa instabile, un’apparizione digitale nel mezzo di una realtà simulata. Il momento dello scatto coincide con quello della “materializzazione”, come se la macchina fotografica catturasse il preciso istante in cui il teletrasporto ha luogo. In ogni immagine, l’effetto è quello di uno squilibrio tra verosimiglianza e artificio. Tutto è fermo, tranne me. Tutto è reale, tranne me. Attraverso questa serie ho voluto giocare con l’ambiguità percettiva e concettuale che lega fotografia, rappresentazione e verità. Se i diorami sono finzione che ci permette di credere nel reale, allora la mia figura – paradossalmente – diventa l’elemento più falso, e dunque forse il più sincero.